Birra fatta in casa: la guida alla birra fai da te

La birra è una delle bevande alcoliche più apprezzate in tutto il mondo, a pari merito con il vino.

Se un tempo il vino era appannaggio delle nazioni mediterranee, mentre la birra era tipica delle regioni nordiche, la globalizzazione ormai ha portato entrambe a diffondersi ovunque nel mondo.

Tanto il vino che la birra vengono bevuti da estimatori che amano soprattutto scoprirne diverse varietà e sapori.

Anche se quando si dice ”birra” in molti non pensano ad altro che alla bevanda bionda e frizzante che serve a dissetarsi in estate, in realtà esistono moltissimi tipi diversi di birra, che dipendono dagli ingredienti che vengono usati per la sua realizzazione e dalle diverse modalità che vengono adottate durante la sua fermentazione.

Infatti, per quanto non tutti ne siano consapevoli, fare la birra non è un processo semplice nè immediato. Bisogna seguire delle regole ben precise ed avere una profonda conoscenza della procedura per realizzare una birra davvero gustosa e fatta a regola d’arte. Illustrerò quali sono i passaggi fondamentali che bisogna osservare per fare la birra, quali sono gli ingredienti base, e infine come ognuno di noi può cimentarsi nell’arte antichissima, difficile ma affascinante, dell’homebrewing.

Quali sono gli ingredienti necessari per fare la birra

Per ottenere i diversi aromi delle diverse birre artigianali i mastri birrai possono sperimentare molti ingredienti aggiuntivi, ma di base una birra si realizza usando degli elementi molto semplici. Servono infatti acqua, orzo, lieviti naturali e luppolo. Detta in questo modo, la ricetta per fare la birra sembrerebbe quella per ottenere una sorta di zuppa: ma il segreto sta nel modo in cui ogni ingrediente viene lavorato. Ad esempio, l’orzo necessario per ottenere una buona birra deve subire delle trasformazioni, al termine delle quali è diventato malto.

Cos’è il malto e come di ottiene dall’orzo

il malto d’orzo non è altro che l’orzo fatto germinare. I chicchi di orzo vengono messi in acqua all’interno di vasche di macerazione per un periodo di tre o quattro giorni. In questo lasso di tempo i chicchi di orzo ricevono abbastanza acqua ed ossigeno per poter passare alla fase di germinazione. Quando sono sufficientemente umidi vengono messi in un luogo aerato dove possono sviluppare i loro germogli. Il processo di solito dura una settimana, al termine della quale ogni chicco ha prodotto un germoglio che dovrebbe esser lungo all’incirca i due terzi del chicco stesso. Una volta che è terminato il processo di germinazione si passa alle fasi successive, che sono l’essiccazione e la tostatura.

L’essiccazione del malto

La tostatura è una fase molto importante dell’intero processo di realizzazione della birra perché il modo in cui si tosta l’orzo determina in buona parte il sapore che avrà la bevanda finale. In linea di massima potrei dire che, più si fa essiccare il chicco d’orzo che successivamente diventa malto, più la birra avrà un gusto intenso e deciso, e di conseguenza un colore più scuro. Il processo della tostatura inizia nel momento in cui si blocca la germinazione dell’orzo attraverso l’insufflazione di aria calda, ad una temperatura che può essere tra i 40 e gli 80 gradi centigradi. Questo processo si chiama essiccazione e serve a proseguire la trasformazione dell’orzo in malto già messa in atto con la germinazione. Tramite l’essiccazione si ottengono già i malti necessari per la realizzazione delle birre chiare, come la Pils, mentre per avere aromi più particolari e birre più scure si procede con la tostatura.

Come si fa la tostatura dell’orzo per la birra

L’essiccazione del malto viene definita kilning, e serve sostanzialmente a diminuire il grado di umidità accumulatasi nei chicchi di orzo durante la germinazione in acqua. La tostatura vera e propria invece si chiama curing, e si ottiene con forni appositamente costruiti. Per chi però ama dilettarsi di homebrewing è possibile anche riprodurla nel forno di casa. Sostanzialmente la tostatura consiste nel portare il malto a delle temperature ben precise per un tempo determinato, in modo tale da poter ottenere in seguito delle birre di diverso sapore e grado alcolico. Il malto fatto per 30-40 minuti a 140 gradi è detto Amber; lasciato per lo stesso tempo ma ad una temperatura più elevata (155 gradi) si definisce Biscuit. Alzando la temperatura a 180 gradi si ottiene la tostatura Brown (per un tempo di 30-40 minuti); la tostatura Chocolate, quella di grado più elevato, si ha a 230 gradi centigradi per un tempo di 60 minuti.

Dopo l’essiccazione e la tostatura: la fermentazione

Fino a questo punto ho parlato soltanto di una fase del tutto preliminare nella realizzazione della birra, quando cioè l’orzo viene tramutato in malto e quindi in quello che è l’ingrediente principale, insieme ad acqua e lieviti, per realizzare la birra. La fase fondamentale però è quella successiva, ovvero la fermentazione, che avviene quando il malto e l’acqua entrano in contatto con i lieviti che agiscono attivamente facendo maturare la bevanda. In questa fase del processo c’è un aspetto che non in molti conoscono ma che è invece fondamentale, ed è la sterilizzazione di tutti gli strumenti che vengono impiegati nel processo di birrificazione. Se infatti ogni oggetto non venisse sterilizzato a dovere, batteri e altri agenti esterni potrebbero interferire con il corretto funzionamento dei lieviti causando il fallimento dell’intero processo. La sostanza che viene usata solitamente per sterilizzare contenitori e tubi di travaso si chiama metabisolfito di potassio.

Cos’è il metabisolfito di potassio

La pulizia e l’igiene sono due aspetti fondamentali quando si affrontano le operazioni necessarie per la fermentazione della birra. Tutta l’attrezzatura che viene usata deve essere rigorosamente sanitizzata, e non per un eccesso di zelo, ma perché ogni minimo agente esterno potrebbe compromettere l’intero processo,vanificando ogni sforzo. Per sanitizzare gli oggetti che entrano a contatto con la birra si possono usare la varichina, la candeggina, ma la sostanza più comune è il metabisolfito di potassio che è ampiamente utilizzato anche in ambito enologico.
Io disciolgo un paio di cucchiaini in mezzo litro di acqua fredda e poi lo uso per lavare accuratamente tini, tinozza, contenitori, imbuti, tubi e sifoni. Il vantaggio dell’usare il metabisolfito rispetto alle altre sostanze è che successivamente non c’è la necessità di risciacquare il tutto perché non è tossico. L’unico strumento che non bisogna sterilizzare è la pentola in cui si esegue la bollitura del mosto, perché la bollitura stessa è un efficace processo sanitizzante.

I tipi di malto per birra

Ho spiegato dunque che la primissima fase della produzione della birra, precedente alla fermentazione in cui intervengono i lieviti e quindi in cui si passa alla parte ”viva” della realizzazione della bevanda, è quella della trasformazione dell’orzo in malto. A seconda dei cereali che vengono usati (poiché non solo l’orzo è coinvolto nella realizzazione della birra), del tempo e dei gradi di tostatura, si possono ottenere tanti tipi diversi di malto che daranno vita ad altrettanti tipi diversi di birra. Un mastro birraio esperto è in grado di crearsi da solo la sua miscela personale, che sarà unica e irripetibile e darà alla birra il suo sapore inconfondibile. Per chi come me invece ama cimentarsi con l’homebrewing e desidera provare a fare la sua birra artigianale in casa, esistono dei tipi di malto preconfezionati da poter acquistare e utilizzare. I più comuni sono quelli che elenco di seguito, che comunque rappresentano solo un campione rappresentativo e non esauriscono completamente le varietà esistenti. Il malto più comune è detto pilsener, ed è quello usato per la maggior parte delle birre prodotte nell’Europa continentale. Le birre ottenute a partire da questo malto hanno in genere un colore molto chiaro. Ad un grado di essiccatura leggermente superiore si trova il malto detto Pale Ale, che contiene meno proteine e meno enzimi e dà vita ad una birra meno torbida. I malti Vienna sono quelli che conferiscono alla birra un colore più ambrato e si ottengono con temperature di essiccazione ancora più elevate. I malti della categoria Amber producono birre dal sapore biscottato, non ancora caramellato, e sono quindi più aromatici perchè fanno avvertire le note della tostatura. Ci sono poi i malti che vengono definiti con termini contenenti il prefisso ”cara”: il carapils, il caravienne. Si aggiungono di solito ai malti base per conferire un tono più caramellato e danno anche maggior corpo alla birra. Si giunge infine ai malti che danno origine alle birre scure e più corpose, come il crystal, che viene usato in diverse quantità per realizzare bevande il cui colore varia dal ramato al bruno chiaro. Il Chocolate, come dice il suo nome, dà note che ricordano il cioccolato, mentre il roast barley è l’orzo tostato che si usa immancabilmente nella fermentazione delle stout irlandesi. Molto simile al roast barley è il black malt, che di solito si usa in quantitativi molto contenuti tranne che nel caso della Guinees, la tipica birra scura irlandese. Citiamo infine il malto di grano, che è usato per le birre weizen e viene aggiunto anche in altre ricette per aumentare la ritenuta di schiuma.

La cottura della birra

Il vero cuore del processo di creazione della birra sta nella sua fermentazione. La fermentazione coincide con il momento in cui al malto vengono aggiunti i lieviti, l’acqua e il luppolo. Per prima cosa si aggiunge l’acqua e si aumenta in modo graduale la temperatura. Poi il mosto viene messo in una caldaia e portato fino al punto di ebollizione, e da questo momento inizia la cottura che può durare per un lasso di tempo variabile, in genere non meno di un’ora e non più di due ore e mezza. Questa fase è molto importante perché è quella durante la quale avvengono la maggior parte delle trasformazioni biochimiche della birra. La temperatura viene fatta salire progressivamente o, più raramente, con il fuoco vivo, o, più usualmente, con l’immissione di getti di vapore o acqua bollente. In questa fase si aggiunge il luppolo, che dà la tipica nota amarognola alla birra.

La fermentazione della birra

Al termine della cottura si procede infine con la fermentazione. La fermentazione si suddivide a sua volta in due diversi momenti e si ottiene dopo aver fatto abbassare la temperatura del mosto e dopo aver immesso al suo interno dell’ossigeno. La fermentazione principale si attiva quando vengono aggiunti al mosto i lieviti. A seconda del lievito che si intende usare ( Saccharomyces carlsbergensis, Saccaromyces cerevisiae o altri) si dovrà portare il mosto ad una temperatura adeguata. In questa fase il lievito trasforma lo zucchero in alcol e sostanze aromatiche. La seconda fermentazione si ottiene quanto la birra viene messa nei tini di maturazione, che oggi sono realizzati per lo più in acciaio, dove restano anche alcune settimane o addirittura mesi nel caso di birre di maggior corpo e costrutto. In questo secondo momento della fermentazione la bevanda si struttura in ogni suo aspetto (colore, odore, sapore) e le varie sostanze presenti al suo interno si scindono creando i depositi di lievito e proteine che poi, prima dell’imbottigliamento, vengono filtrati ed eliminati.

Come fare il travaso della birra artigianale

Quando si parla di grandi birrifici che distribuiscono il loro prodotto in tutto il mondo ovviamente i vari processi sono regolati in modo industriale. Quando invece la birra viene prodotta artigianalmente, come ad esempio avviene nei numerosi microbirrifici che sono stati aperti anche in Italia negli ultimi anni, i processi avvengono seguendo altre dinamiche. Ad esempio, quando arriva il momento di fare il travaso della birra bisogna seguire delle procedure ben precise, pena vanificare tutte le fasi precedenti. Il travaso della birra avviene in due momenti: tra la prima e la seconda fermentazione e poi al momento del filtraggio. La fase più delicata è sicuramente il travaso che va effettuato tra prima e seconda fermentazione.

Il filtraggio

Quando si produce una birra artigianale è molto importante filtrare la birra per diminuire l’effetto di torbidità che in certa misura è inevitabile, ma che, se è eccessivo, può compromettere il gusto della birra. La torbidità può essere dovuta a due cause. La prima si lega alla presenza di infezioni e batteri, che si eliminano con un’accurata sanitizzazione degli strumenti che entrano a contatto con il mosto. La seconda invece è dovuta ai residui delle proteine che si producono durante il processo di fermentazione: queste proteine devono dunque essere rimosse attraverso il filtraggio. Prima si mescola il mostro creando un effetto mulinello, in modo tale che i sedimenti si depositino sul fondo, al centro. Poi si travasa il mosto chiaro in un altro recipiente, filtrando quello restante.

Come fare la birra in casa: l’homebrewing

Dunque il processo che conduce alla realizzazione della birra è piuttosto lungo e complesso, e si differenzia tra produzione industriale e artigianale. Esiste anche una terza opzione, ovvero l’homebrewing, che negli ultimi anni ha cominciato a diffondersi anche nel nostro Paese. La birra può essere fatta anche in casa, avendo a disposizione tutta l’attrezzatura adatta e ovviamente gli ingredienti base. Molti di quelli che oggi sono piccoli imprenditori che gestiscono birrifici artigianali hanno iniziato proprio in questo modo, da una semplice passione. Sperimentando in casa è infatti possibile trovare combinazioni diverse di malto che diano vita a birre dai gusti differenti tra di loro, da condividere con gli amici. In seguito però in semplice hobby può diventare un vero e proprio mestiere.

Cosa sono i kit per la birra

L’aspetto più complicato da affrontare in casa quando si prova per la prima volta a fare una birra fai-da-te, sta nella geminazione dell’orzo per creare il malto, ingrediente base fondamentale. Fare il malto in casa non è impossibile, ma necessitano spazi e attrezzature che spesso non si hanno a disposizione. Per questo motivo, per facilitare il compito di chi è alle prime armi, in commercio si possono trovare dei kit già confezionati. All’interno di questi kit si trova praticamente tutto ciò che è necessario per affrontare il processo di produzione della birra: i contenitori necessari per travasare la birra dopo la fermentazione; il gorgogliatore, che è lo strumento che serve a controllare l’andamento della fermentazione; il densimetro, che valuta il grado di torbidità della birra, e il sanitizzante atto a pulire in modo adeguato tutta la strumentazione. Ma ciò che soprattutto si trova dentro questi kit è il malto già pronto.

I malti già confezionati

I malti pronti si possono trovare non solo all’interno dei kit preconfezionati, ma si possono acquistare anche separatamente perché, ovviamente, dal tipo di malto che si predilige dipenderà anche il sapore della birra che si otterrà. La prima differenziazione che si deve fare tra i malti che si trovano in commercio è tra malti luppolati e malti non luppolati. Nel primo caso il luppolo è già presente nel composto, quindi non sarà necessario aggiungerlo manualmente; nel secondo caso invece è necessario il nostro intervento. Poi ci sono malti diversi a seconda che si vogliano ottenere birre bionde e chiare, birre doppio malto, birre scure. Quando si è all’inizio e si sperimenta per la prima volta come fare la birra in casa è bene affidarsi completamente al kit acquistato seguendo rigorosamente le istruzioni fornite. In seguito, man mano che si assume maggiore dimestichezza, si potranno tentare nuove combinazioni e addirittura si potrà tentare di fare anche il malto in casa.

Come si fa la birra in casa

A questo punto spiego brevemente il modo nel quale è possibile fare la birra in casa, una volta acquistato il kit già pronto. Il processo non è diverso da quello che ho raccontato sopra e che riguarda le produzioni industriali o artigianali; ovviamente tutto viene ridotto su una scala più piccola, atta a soddisfare un fabbisogno familiare. Infatti i kit per fare la birra che si possono trovare in commercio, in genere, prevedono al produzione di 20 litri di birra o poco più. Questo quantitativo si ottiene usando un barattolo di malto da 1,8 kg. La pentola in cui si deve mettere l’acqua a bollire non è inclusa nel kit e deve avere la capienza di dieci litri. In questo pentolone si mettono a bollire3 o 4 litri di acqua, mentre in una pentola più piccola si mette il barattolo di malto a riscaldare, ricordandosi di capovolgerlo. Nel frattempo è necessario procedere con la sanitizzazione degli strumenti per fare la birra. Io uso solitamente il metabisolfito di potassio, sciogliendone tre cucchiaini in un litro d’acqua; in alternativa, come ho detto in precedenza, si può usare anche la candeggina. La soluzione di acqua e metabisolfito deve servire per igienizzare in modo adeguato il fermentatore e tutti gli altri strumenti che entreranno a contatto con il mosto e con la birra (gorgogliatore, tubi, sifone, pentole).

La preparazione del mosto

Quando l’acqua bolle, si può versare al suo interno il malto dopo aver aperto il barattolo. Il barattolo lo faccio scaldare prima perché poi il contenuto esce meglio e non rimane attaccato alle pareti del contenitore. Se la ricetta prevista dal kit lo richiede, a questo punto aggiungo dello zucchero, poi lascio bollire il tutto per una decina di minuti. Quando il mosto ha bollito, verso tutto nel fermentatore e aggiungo dell’acqua fredda in un quantitativo di circa 23 litri. Affinché i lieviti presenti nel malto non vengano uccisi e possano svolgere il loro lavoro bisogna fare attenzione alla temperatura che raggiunge il mosto: non deve salire sopra i 22-23 gradi. Per sincerarmene io attacco un termometro all’esterno del fermentatore, appena sotto al livello del liquido contenuto al suo interno. Una volta raggiunta la temperatura desiderata bisogna ossigenare il tutto, dando una vigorosa mescolata con un mestolo. Ovviamente anche il mestolo in precedenza deve essere stato sanitizzato.

La fermentazione

Ora si passa alla fase vera e propria di produzione della birra, che, come ho già detto, è una bevanda definita viva per via della presenza dei lieviti attivi. Al mosto si aggiunge il lievito: di solito nei kit è contenuto in polvere, quindi io lo faccio rinvenire mescolandolo ad un po’ di acqua bollita con lo zucchero. Quando il tutto diventa schiumoso, lo unisco al mosto. Poi chiudo il fermentatore (anche il coperchio è stato sanitizzato), inserisco il gorgogliatore e il processo di fermentazione può avere inizio. Per impedire che agenti esterni possano finire nel fermentatore è opportuno riempire per metà il gorgogliatore con una soluzione alcolica (ad esempio, gin o vodka). Dopo qualche tempo si sentirà un borbottio che proviene dall’interno del fermentatore: è segno che i lieviti stanno agendo. A questo punto io lascio che il processo vada avanti da solo, controllando solo una volta ogni tanto che tutto proceda per il meglio. Il processo di fermentazione può durare da dieci giorni a due settimane.

Il travaso della birra fatta in casa

La domanda che ci si pone sempre è come fare a capire se è giunto il momento del travaso. Io mi regolo in questo modo. Quando non si sente più il borbottio interno, inizio a prelevare dei campioni e poi ne verifico la densità con il densitometro. Quando la densità è accettabile, è giunto il momento di fare il travaso. Di solito tutto ciò che è necessario per compiere questa operazione è già incluso nel kit: si tratta di un secchio e dei tubi, oltre che di un’asta detta appunto da travaso. Anche tutta questa attrezzatura deve essere scrupolosamente sterilizzata. Travaso il mosto nel secchio apposito con molta lentezza, aggiungendo lo zucchero che serve a dare la frizzantezza alla birra. Poi chiudo il secchio, aggiungo l’asta, e verso la birra nelle bottiglie (anch’esse sterilizzate). Le bottiglie non devono mai essere riempite totalmente; io di solito lascio in paio di dita tra il collo e il tappo. La macchina tappatrice a volte è inclusa nel kit, oppure si può acquistare separatamente. Ora può avere inizio il secondo processo di fermentazione, che avviene in bottiglia. Dopo altri almeno 15 giorni stappo le mie bottiglie; preferibilmente però sarebbe opportuno lasciare che maturino per ancora un mese conservate in frigorifero.

Doppia fermentazione

In alcuni casi preferisco procedere diversamente, non imbottigliando direttamente la birra fermentata ma facendole subire una seconda fermentazione. in questo caso, dopo la fermentazione primaria, il travaso viene fatto dal fermentatore in un altro secchio a cui si applicano tappo e gorgogliatore. La birra viene lasciata all’interno di questo secchio per un’altra decina di giorni. Per agevolare l’operazione di travaso è utile mette i due contenitori a livelli diversi, in modo che il primo si trovi più in alto del secondo. Io faccio sempre attenzione affinché i residui che si trovano sul fondo del fermentatore non finiscano nel secondo contenitore. Anche in questo caso l’aggiunta di zucchero, operazione che viene definita priming, deve essere fatta prima dell’imbottigliamento vero e proprio.

Problemi possibili e alcuni consigli

Potrebbe capitare che le bottiglie di birra fatta in casa esplodano: è un’eventualità comune e succede in genere se si è aggiunto troppo zucchero, oppure se la fase di fermentazione ancora non era del tutto ultimata. Le prime volte che ci si cimenta con l’homebrewing potrebbe capitare a causa dell’inesperienza, ma in seguito diventerà piuttosto improbabile. Ci sono poi alcuni trucchetti da poter osservare che non sono indicati sui kit ma che aiutano ad ottenere una birra dal gusto migliore. Ad esempio, bisogna avare cura di scegliere bene l’acqua che si intende utilizzare per fare la birra. Non è infatti un ingrediente secondario. L’acqua ideale dovrebbe essere leggera, avere un basso residuo fisso ed essere assolutamente priva di cloro. Per questo non è consigliabile usare l’acqua di rubinetto ma sarebbe preferibile acquistare dell’acqua minerale in bottiglia. Inoltre, si deve fare attenzione anche nella scelta delle bottiglie in cui travasare la propria birra fatta in casa. Sarebbe sempre bene scegliere bottiglie di vetro scuro, perché la luce non fa bene alla birra. Inoltre ci vogliono contenitori di vetro spesso: ad esempio, si può pensare di riutilizzare le bottiglie dello spumante.

Perché fare la birra fatta in casa

Fare la birra in casa è un hobby divertente e poco impegnativo, che da modo di sperimentare dei gusti nuovi. Soprattutto, come ho già detto, capita di frequente che questa semplice passione poi si sviluppi in direzione di una vera e propria professionalità. Però bisogna ricordare una cosa importante: secondo la legge italiana la birra fatta in casa non può assolutamente essere venduta, ma deve essere riservata all’esclusivo uso e consumo domestico. Quando la passione vuole evolvere in qualcosa di più, dunque, sarà necessario rispettare tutti i necessari adempimenti burocratici. Da ultimo, non dimentichiamo che la birra fatta in casa è molto più economica di quella che possiamo acquistare al supermercato. Le birre commerciali della grande industria hanno un gusto piuttosto standardizzato, legato al fatto che, per essere trasportate lontano e per poter essere conservate a lungo, devono subire il processo della pastorizzazione. Tale processo non viene applicato alle birre artigianali, che però spesso sono piuttosto costose perché prodotte in piccoli quantitativi e trasportate con maggiori difficoltà.

La pastorizzazione

A questo punto vorrei spiegare brevemente cos’è la pastorizzazione, per quanto si tratti di un processo che a livello domestico non c’è mai bisogno di fare. La pastorizzazione prevede che la birra venga portata ad una temperatura di 60 gradi per una ventina di minuti; quindi, in un certo senso, la pastorizzazione è una sorta di sterilizzazione. Con questo processo, infatti, vengono distrutti tutti i microorganismi che sono contenuti nella bevanda. Questo ha il vantaggio di renderla conservabile più a lungo, ma presenta anche parecchi lati negativi. Infatti, ne annulla gran parte delle proprietà organolettiche, appiattendone il sapore e l’aroma; ma soprattutto toglie alla birra la sua caratteristica principale, di cui ho parlato prima, ovvero la sua natura di bevanda viva. I lieviti che si usano per la fermentazione, infatti, conferiscono alla birra tante proprietà nutritive positive per l’organismo (non a caso un tempo la birra era definita pane liquido) che invece vanno completamente perdute con la pastorizzazione. Riassumendo, posso affermare che la pastorizzazione toglie completamente personalità alla birra. La birra artigianale invece, e di conseguenza quella fatta in casa che non viene pastorizzata, è ricca di vitamine, antiossidanti e microorganismi benefici per la nostra flora batterica. Questo quindi è un notevole vantaggio del bere birra in casa, perché è una bibita che conserva tutte le sue proprietà naturali.

Scegliere il bicchiere giusto

Non bisogna dimenticare che la fase più piacevole di tutto il processo di birrificazione fatta in casa è rappresentata dal momento in cui finalmente si stappano le bottiglie e si possono degustare i risultati di tanta fatica. La degustazione della birra, al pari di quella del vino, è un’arte che va eseguita secondo regole ben precise. Per prima cosa bisogna scegliere il bicchiere più adeguato a seconda del tipo di birra che si è voluto realizzare. Se si è prodotta una birra chiara, si usano i bicchieri detti altglass che sono cilindrici, lisci e lunghi e servono a far risalire verso l’alto l’effervescenza e a far formare una bella schiuma. In alternativa si può usare il classico boccale bavarese che, avendo il manico, fa in modo che non si debba toccare il vetro e che la temperature della birra resti inalterata. Se invece si è sperimentata una ricetta per fare la birra scura è meglio usare un ballon o un calice, perché questo tipo di bicchieri esaltano meglio l’armoaticità di birre più corpose.

La degustazione della birra

Una volta scelto il bicchiere più adeguato è necessario anche versare la birra a regola d’arte. Ovviamente l’ideale è spinare la birra, ma nel caso di quella fatta in casa bisogna versarla dalla bottiglia. Il segreto per mescerla nel modo giusto consiste nell’inclinare leggermente il bicchiere, in modo che la bevanda inizi a cadere sul fondo Questo trucchetto serve ad eliminare l’eccesso di anidride carbonica e a favorire la formazione di una bella schiuma superficiale. Il bicchiere dovrebbe sempre essere un po’ umido e non perfettamente asciutto perché la presenza di una pellicola bagnata serve a far scivolar meglio la bevanda. Il bicchiere da birra va sciacquato solo con acqua e mai lavato con i detersivi. Questo accorgimento è ancora più importante da osservare se si beve la birra che si è fatta in casa, perché è viva e quindi non deve essere contaminata con nessun altro sapore. Fatto questo, non resta che gustarsi il proprio bicchiere di birra sperimentando tutta la varietà olfattiva e organolettica a cui si è riusciti a dar vita con la birrificazione casalinga. Se i primi risultati non sono entusiasmanti non ci si deve scoraggiare. Anche i miei primi tentativi sono stati tutt’altro che soddisfacenti e ovviamente dispiace aver impiegato tanto tempo per non avere un buon risultato; ma con il tempo e la pratica sarà facile diventare sempre più sicuri di sè, arrivando anche a utilizzare ingredienti nuovi che diano aromi particolari alla birra. Questa, d’altro canto, è la marcia in più che hanno le birre artigianali, per confezionare le quali vengono spesso usati prodotti a chilometro zero, che hanno il pregio doppio di essere naturali e di contribuire a valorizzare il territorio di produzione.

1 thought on “Birra fatta in casa: la guida alla birra fai da te

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *