Ripple (XRP): cos’è, come funziona e dove comprarlo

Tra le criptovalute, Ripple è una delle più vecchie – se così si può dire. La sua data di nascita è da ricercare nell’anno 2012 quando la start-up statunitense Open Coin, che qualche tempo dopo diventerà Ripple Labs, crea la valuta virtuale con lo scopo di superare il sistema bancario tradizionale a favore di quelli digitale, interamente fondato sulla logica del peer-to-peer.

Il sistema di feedback su cui ripple si basa è designato dall’acronimo IOU: queste tre lettere stanno per le parole inglesi “I owe you”; traducendole in italiano il loro significato è pari all’espressione ti devo qualcosa. È una specie di riconoscimento di fiducia che gli utenti del sistema Ripple si accordano reciprocamente; in questa maniera è come se ogni utente di Ripple divenisse a propria volta una specie di intermediario bancario. Quindi l’IOU è una sorta di “pagherò”, una specie di cambiale – sebbene il termine sia improprio, è comunque efficace per capire quale sia il meccanismo sotteso al network di Ripple – che l’altro utente con cui si è in debito potrà utilizzare per effettuare altri acquisti. Infatti la particolarità degli IOU è proprio questa: possono essere convertiti in denaro reale presso i currency exchange ed i gateway di Ripple.

A primissimo impatto emerge subito in maniera chiara la grande differenza tra ripple e tutte le altre piattaforme di criptovalute: su Ripple, difatti, non si operano transazioni solo tra valute virtuali ma è anzi possibile scambiare anche valute reali come dollari, euro e yen.
Al momento attuale, nel ranking delle criptovalute, ripple è al secondo posto e si trova immediatamente la madre di tutte le monete virtuali, cioè il bitcoin. Il simbolo di Ripple è XRP e alla data odierna, 6 dicembre 2017, viene scambiato con l’euro ad un tasso di 0.19818 XRP/EUR: il valore è interessante ed anomalo perché, ad un’attenta disamina dei grafici riguardanti l’andamento di questo prodotto, si scopre che è in controtendenza rispetto alle altre criptovalute. Dopo l’apertura a 0.20364, si è registrato un brusco calo seguito da un paio di altri picchi verso l’alto a cui sono corrisposte discese – seppure non così vertiginose come quella che ha caratterizzato l’apertura e che ha fatto precipitare il prezzo a 0.19602 a mezz’ora dall’inizio delle contrattazioni. Mentre le altre criptovalute registrano trend positivi, ripple è l’unico che invece ne registra uno fortemente negativo.
Ripple, come tutte le sue altre sorelle alt coin, registra dei punti di contatto con la madre di tutte le criptovalute, ovvero bitcoin: tutte e due si appoggiano a piattaforme gratuite e si avvalgono di un linguaggio open source; ambedue fanno capo ad una rete peer-to-peer per regolamentare le loro transazioni e la sicurezza di bitcoin e di ripple è assoluta, completa e garantita: infatti è del tutto impossibile crackare, duplicare o falsificare sia bitcoin che ripple. Infine, anche ripple fa uso della tecnologia blockchain, ovvero un database costituito da un insieme di nodi di rete o blocchi – blocks – interconnessi tra di loro mediante delle catene – chains – in modo tale da consentire la validazione, proprio attraverso questa rete, di ogni transazione effettuata; in questa maniera viene resa in concreto la possibilità di effettuare un elevato numero di transazioni attraverso le maglie di questa rete di blocchi concatenati.
Detto ciò, però, risulta anche evidente che vi siano delle differenze profonde tra Bitcoin e Ripple. Infatti i Ripple sono nati per migliorare le prestazioni dei Bitcoin: ad esempio, hanno abbattuto i tempi di realizzazione delle transazioni. Con la tecnologia Bitcoin sono necessari anche svariati minuti; invece operando attraverso i Ripple bastano davvero pochissimi secondi.
Un altro punto di divergenza riguarda la quantità di moneta che è consentito generare: è stato stabilito che il numero massimo di Bitcoin in circolazione sarà di 21 miliardi; la cifra sale a ben 100 miliardi quando si parla di Ripple.
Inoltre, a differenza di parecchie altre criptovalute – Bitcoin inclusi, Ripple è proprietà di un’azienda privata nata nel 2015: si tratta di Ripple Labs, che è sorta dalle ceneri di Open Coin, la start-up che aveva lanciato Ripple nel lontano 2012. Ripple Labs, come la sua genitrice Open Coin, ha sede in California, a San Francisco.
Infine, a differenza dei Bitcoin, non è possibile generare Ripple tramite procedure di mining.
Nonostante il trend anomalo della giornata di oggi, i punti di forza di Ripple ci sono e sono innegabili e, ovviamente, comportano dei vantaggi se si vuole investire in tale valuta per periodi medi e/o lunghi.
Ripple si aggancia in maniera veloce, facile e sicura ad ogni tecnologia di blockchain; non conosce periodi di latenza per le sue transazioni – in altre parole, esse vengono eseguite immediatamente; è stata oggetto di investimenti cospicui da parte di grandissime realtà multinazionali come Google e Santander – questo di sicuro contribuisce a dare una misura dell’indice di affidabilità che tale valuta suscita; ha agganciato alla propria rete la bellezza di 47 istituti bancari nipponici, e anche questo è un buon indicatore di affidabilità e infine garantisce la più completa trasparenza delle operazioni che avvengono utilizzando tale valuta.
Ripple, così come svariate altre criptovalute, è acquistabile in diverse maniere: tramite bonifico bancario, tramite acquisto con carta di debito Visa Electron e tramite anche carta di credito che si appoggi sui circuiti Mastercard o Visa.
Una delle particolarità di questa valuta virtuale è che ogni volta che si intende fare un acquisto od una vendita o anche un pagamento utilizzando i ripple, è necessario immettere un codice di sicurezza personale per garantire la totale sicurezza della transazione.

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